Poteri del giudice nel processo di diritto di famiglia

Poteri del giudice nel processo di diritto di famiglia

Quali poteri ha il giudice nel processo di famiglia


I poteri del Giudice nel nuovo processo di diritto di famiglia. Raffronto tra gli articoli 473-bis.2 e 473-bis.35 Codice di Procedura Civile.


Rito ordinario e processo di famiglia

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Articoli 2697 c.c., 112 e 473-bis.2 c.p.c.. Il nuovo processo delle persone, dei minorenni e delle famiglie [ stato introdotto dalla Riforma Cartabia nel 2023. Nel Codice di Procedura Civile sono stati inseriti i nuovi articoli 473-bis e seguenti.

Questo nuovo rito introduce una nuova disciplina processuale nuova, con regole molto penetranti. Una delle più rilevanti novità è, infatti, quella che conferisce al Giudice ampi poteri.

I limiti del rito ordinario

Il sistema processuale ordinario, infatti, fissa limiti stingenti sull’utilizzo delle prove e sulla discrezionalità del giudice: nello specifico il Codice Civile, agli articolo 2697 e seguenti, definisce i limiti di ammissibilità delle vari tipologie di prove. Così come l’art. 112 c.p.c. fissa, invece, il c.d. principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.

Il giudice, infatti, è obbligato per legge a pronunciarsi su tutta lo domanda delle parti (in caso contrario incorrerebbe nel vizio di omessa pronuncia), nonché entro i limiti della stessa (incorrendo, in questo caso, nel vizio dell’ultra-petizione). In virtù di tali limiti, il Giudice non può pronunciarsi d’ufficio su eccezioni in senso stretto (ossia che possono essere sollevate solo dalle parti).

Il processo di famiglia

Nel nuovo rito delle persone, minorenni e famiglie, il giudice ha, invece, poteri slegati da i limiti anzi detti. Viene, infatti, subito in rilievo il nuovo art. 473-bis.2, a mente del quale il giudice può «adottare i provvedimenti opportuni in deroga all’articolo 112 e disporre mezzi di prova al di fuori dei limiti di ammissibilità previsti dal Codice Civile, nel rispetto del contraddittorio e del diritto alla prova contrari»

Poteri molto ampi, dunque, che vanno fuori dai limiti previsti per il processo ordinario. È, però, necessario precisare che, la norma in commento prevede tali poteri del giudice in relazione ai casi in cui sia in gioco la tutela del minore. Per cui il giudice, nel processo di famiglia, può superare i limiti di prova e di pronuncia previsti dalla legge, per tutelare i diritti indisponibili del minore.

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Raffronto tra gli articoli 473-bis.2 e 473-bis.35 c.p.c.

Poteri del giudice in primo grado e in appello. L’articolo 473-bis.2 del Codice di Procedura Civile, disciplina il procedimento di primo grado. In tae fanne non c’è dubbio, quindi, che sussistano i poteri descritti nel paragrafo precedente.

Analizzando, però, il nuovo sistema di norme, si giunge all’art 473-bis.35 che pone la disciplina circa le domande, le eccezioni e le prove nuove nel giudizio di appello. Tale norma richiama il generale divieto di nuove produzioni, domande e allegazioni già previsto nel processo di appello del rito ordinario.

Viene, infatti, espressamente richiamato l’art. 345 c.p.c., ove è previsto che «nel giudizio d’appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, debbono essere dichiarate inammissibili d’ufficio». Ora, il nuovo art. 473-bis.35 c.p.c. stabilisce, laconicamente, che «il divieto di nuove domande ed eccezioni e di nuovi mezzi di prova previsto dall’articolo 345 si applica limitatamente alle domande aventi ad oggetto diritti disponibili». Si pone, dunque, un problema di coordinazione con il precedente art. 473-bis.2 c.p.c. In quest’ultima norma, infatti, è espressamente prevista, come s’è detto, una ampia gamma di poteri istruttori del giudice, anche in deroga ai limiti di legge.

Per cui da un lato, il giudice del primo grado, ha ampi poteri dispositivi in termini di prove mentre, per altro verso, nel giudizio d’appello ciò non viene sancito espressamente. Sennonché, bisogna ragionare in maniera sistematica e trarre la logica conclusione che se tali poteri sono stati riconosciuti al giudice di primo grado, anche il giudice d’appello deve poterne disporre. La stessa norma, in effetti, limita il divieto di nuove prove e allegazioni alle sole questioni inerenti diritti disponibili. Ciò significa che, per i diritti indisponibili (quali del minore), tale divieto non opera.

Tesi dottrinali

Questa interpretazione è suffragata anche dalla Dottrina, ex multis Cecchella, il quale afferma che è «il carattere indisponibile dei diritti del minore, che impone la deroga ai principi del processo dispositivo, in particolare della domanda e dell’allegazione dei fatti, accentuando i poteri officiosi […] la stessa elasticità impone, solo per i diritti disponibili, un regime di decadenze e preclusioni alle difese della parte, sino a imporre l’applicazione del divieto dei nova in appello (art. 473-bis.35 c.p.c.), aprendo il rito ai principi del processo disponibile». Per cui i poteri del giudice nel processo di famiglia sono ampi tanto in primo, quanto in secondo grado.

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Collegamenti esterni

Per approfondire l’argomento trattato nel presente contributo, si consiglia la consultazione dei testi e degli articoli indicati di seguito.

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